L’impegno dei cattolici in politica

La “questione” dell’impegno politico del laicato cattolico è al centro di una riflessione che lambisce e attraversa movimenti, associazioni e la stessa gerarchia ecclesiastica. L’unità dei cattolici sembrava definitivamente accantonata. Il comporsi di nuove articolazioni della società, i cambiamenti intervenuti avevano spinto una consistente realtà proveniente dalla Democrazia Cristiana a chiudere una fase storica e aprirne un’altra.

All’inizio degli anni 90 in una situazione magmatica determinata da tangentopoli convinse i protagonisti di allora che la presenza di un partito organizzato di cattolici aveva fatto il suo tempo. La D.C. fu ritenuta un peso. Non un patrimonio a cui attingere ma una storia da consegnare alla memoria. Non si avvertì la esigenza di rinnovare, di bonificare, dove era necessario, per ritrovare le ragioni sociali e valoriali del popolarismo cristiano. Fu una corsa alla dissoluzione. Martinazzoli cancellò il nome D.C. e un gruppo agguerrito della sinistra democristiana subì la suggestione del post comunismo e fu liquidatoria, in un fervore catartico, non solo di tutto quello che la D.C. aveva rappresentato ma sostanzialmente della stessa dottrina sociale della Chiesa.

Si trovava, così, alimento in una alleanza ancillare con i partiti della sinistra, ritenuti progressisti e moralmente sani. Fu il prefazio alla diaspora dei democratici cristiani. Fu il prefazio alla fine dei partiti politici. Fu l’inizio di una diversa visione della democrazia. Si è inseguita la stabilità dei governi (che non c’è stata) e non la qualità dei progetti. Il pluralismo delle idee, la ricchezza dell’associazionismo, le istituzioni di rappresentanza democratica lasciavano spazio ad apparati gestiti da capi senza la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. Un nuovo “mondo” nasceva e una visione di società senza anima si affermava. Era il prevalere dell’Io sul Noi, il venir meno della centralità dell’Uomo in un meticciato culturale degradante.

L’essenzialità dei cattolici e dei cristiani, in generale, in politica (vedi la Germania dove sono protestanti) è non solo la difesa dei Valori come la famiglia, la vita, la carità, ma anche la relazione interpersonale che consenta al cittadino di guardare all’altro non come concorrente ma come persona con cui relazionarsi nella comune ricerca della migliore condizione civile. I cattolici e i cristiani, in generale, sono garanti della specificità e originalità umana, che contrasti pensiero debole e omologazione che inseguono un modernismo che annienta la persona nella sua esclusività.

Nella scissione del Ppi del 1995 alcuni di noi ci opponemmo a questa deriva. Nasceva il CDU per difendere non solo la esperienza dei cattolici democratici, ma anche quella di altre realtà politiche e culturali, energie indispensabili, nel confronto, perché la Politica vivesse. Le gerarchie non videro il pericolo. La fine del partito dei cattolici e la ricollocazione dei suoi aderenti nelle nuove formazioni fu visto come il segno dei tempi. Era invece la decadenza e la irrilevanza. Una irrilevanza che ha pesato e pesa. Con la fine dei partiti non c’è stata formazione e selezione della classe dirigente. Tutto è avvenuto attraverso un tecnicismo che ha imposto e ha sottratto ai cittadini ogni scelta anche quella dei propri rappresentanti.

Rilevo con speranza la riflessione, contenuta in una intervista, del presidente della CEI cardinale Bassetti e le posizioni di mons. Toso e di padre Cavalcoli. Viene affrontato il tema di un Partito di cattolici con lucidità quando si dice che è giunto il momento della raccolta, nella chiarezza, per superare diaspora ed irrilevanza. Ognuno è chiamato a vivere. Essere se stesso. È questo il vero contributo allo sviluppo!

Mario Tassone
Segretario del nuovo CDU

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